Nel corso dei lavori dell’esecutivo regionale, svolto a Firenze il 7/4/2017, durante il dibattito con i nostri dirigenti, provenienti da tutti gli istituti della Regione, sono emerse situazioni degne di nota che qui di seguito cercheremo di riassumere.
Va preliminarmente rilevato che i problemi e le criticità esistenti sono acuiti dal fatto che il sistema penitenziario toscano registra l’assenza di un Provveditore regionale in pianta stabile (attualmente è diviso con la Campania) che, evidentemente, diventa l’alibi precostituito per rimandare tutti i problemi all’infinito, soprattutto il confronto con le OO.SS., scaricando le responsabilità ad altri.
A questo si deve aggiungere una sempre più preoccupante limitazione degli spazi detentivi disponibili a causa della chiusura, totale o parziale, di alcuni istituti. Il pensiero, evidentemente, va alla casa circondariale di Arezzo, ormai chiusa per ristrutturazione dal lontano 2010, e a quella di Pistoia chiusa dal marzo del 2015.
Le conseguente, ovviamente, sono quelle di distribuire gli arrestati di quei territori e i detenuti che potrebbero essere lì ospitati negli istituti limitrofi, in particolare Firenze e Prato, alimentando così il loro sovraffollamento e le criticità che si riverberano sulle persone che lavorano in quegli istituti le quali vivono una situazione di precarietà e di incertezza preoccupante.
Come se già non bastasse, a ciò bisogna associare l’allarmante situazione della casa circondariale di Pisa, circostanziata in occasione di nostre precedenti visite nei luoghi e sui posti di lavoro, che registra nel frattempo inquietanti cedimenti strutturali.
Di fatto pur essendo stata annunciata la proposta di tre milioni e mezzo di fondi destinati alla ristrutturazione dell’istituto (vedi nota allegata) la situazione è allo stato immutata e nessun lavoro è cominciato, fatta eccezione per la chiusura della sala video conferenze (in realtà più che sala si dovrebbe definire container).
Avanti di questo passo, quindi, oltre ad Arezzo e Pistoia il rischio è che a breve possa essere necessario chiudere anche Pisa e, speriamo converrete con noi, questo sarebbe un sonoro schiaffo al sistema penitenziario toscano, in termini di programmazione, efficacia ed efficienza della pubblica amministrazione.
Poco male, verrebbe da dire ironicamente, se non fosse che anche il più importante istituto della Regione è contraddistinto da una instabilità strutturale il cui emblema è il crollo di una parte del muro di cinta che, a distanza di un anno e mezzo circa, non è stato messo in sicurezza, nonostante la svariate promesse di tutti coloro che, a tutti i livelli dell’amministrazione, si sono
susseguiti nelle visite all’istituto. All’interno del carcere, comunque, gli ambienti si presentano fatiscenti, degradati e insalubri.
Da ultimo, giusto per completare l’infausto quadro toscano, registriamo a distanza di sei mesi circa, l’assenza dei provvedimenti di trasferimento in favore delle persone amministrate dalla C.C.F di Empoli, di recente appunto soppressa e si sottolinea il termine persone proprio perché si vuol far comprendere a chi legge che parliamo, appunto, di uomini e donne con i loro bisogni e le loro esigenze.
Al riguardo si segnala che il 5 ottobre 2016 si è tenuto presso il PRAP competente un confronto utile a rivedere le piante organiche degli istituti al fine di ricollocare il predetto personale, tuttavia nulla è avvenuto nel frattempo.
Analoga la situazione del personale amministrato dall’OPG di Montelupo Fiorentino, attualmente “distaccato” in altri istituti della Regione, senza per questo tra l’altro aver realizzato alcun confronto con le OO.SS.
Come sempre un’amministrazione insensibile rispetto alle esigenze personali e professionali dei propri dipendenti, costretti a vivere in una stressante situazione di incertezza.
E’ chiaro, quindi, che i problemi sono sempre i soliti, vale a dire un’amministrazione assolutamente autoreferenziale, che non si occupa e preoccupa delle esigenze dei propri collaboratori e di garantire un minimo di benessere lavorativo. Al contrario considerando le persone come numeri, regna al suo interno esasperata gerarchia, eccessiva burocratizzazione, distanza dai problemi reali che ogni giorno si vivono all’interno delle carceri e presso i nuclei traduzioni.
L’inconcludenza dei rapporti di relazione con chi rappresenta il personale, del resto, sono lì a dimostrare quanto purtroppo sia reale la distanza tra un vertice, avulso dal Corpo, e la sua base.
Un altro problema è quello delle risorse perché a qualunque latitudine si guarda il carcere, sia essa la Toscana o qualsivoglia altra Regione del Paese, emerge chiaramente che persone e risorse economiche sono insufficienti e la degenerazione, così come l’implosione del sistema sono ormai dietro l’angolo.
Noi continuiamo a denunciare queste situazioni e non ci stanchiamo di affermare che serve la proclamazione di un nuovo “stato di emergenza” che avrebbe però senso solo se utile ad individuare soluzioni percorribili che, sia chiaro, non possono prescindere da investimenti economici e nuove assunzioni di uomini e donne della Polizia Penitenziaria.
Serve una riforma del Corpo nel senso di garantire ad esso la propria autonomia gestionale e la possibilità di accesso alla dirigenza penitenziaria perché solo così si possono ridurre quelle distanze oggi incolmabili per effetto di solchi realizzati di proposito.
Certo nel frattempo non disdegneremmo di avere un amministrazione equa, trasparente, imparziale e capace di adottare provvedimenti logici e coerenti che, in presenza di un significativo taglio dell’organico del Corpo, non possono essere francamente quelli di ridurre gli organici degli istituti ed aumentare quelli nei palazzi del potere e nei servizi extra carcere.
Nell’attesa di riscontro colgo l’occasione per porgere distinti saluti.