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Più volte abbiamo sostenuto che qualsiasi protocollo l’amministrazione penitenziaria voglia mettere in campo, oltre a dover essere condiviso con le OO.SS., deve avere una sua concreta e reale sostenibilità economica e considerare la quantità di risorse umane del Corpo di Polizia Penitenziaria da impiegare, anche perché quest’ultime sono insufficienti a garantire persino i soli compiti istituzionali.

Ebbene, è di notizia di questi giorni che sta per avviarsi il progetto per schedare e digitalizzare un’enorme quantità di documenti (900 faldoni e 125 metri lineari di carta oltre a supporti come pellicole e nastri audio), relativi alle stragi mafiose degli anni 1993-94. Questo progetto prevede l’impego di 18 detenuti della Casa Circondariale “Mario Gozzini” e di tre esperti professionisti assunti dal provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria.

La Polizia Penitenziaria ha il mero compito di “accompagnare i detenuti, ma non di scortarli ”.

Ne dà comunicazione il Segretario Generale Regionale della UIL-PA Polizia Penitenziaria Eleuterio Grieco

Il fatto che, detenuti ammessi al lavoro esterno ai sensi dell’art.21 dell’ordinamento penitenziario debbano essere accompagnati al tribunale di Firenze mattina e pomeriggio mediante utilizzo di veicoli del corpo e personale di Polizia Penitenziaria del carcere di Sollicciano è grottesco, anche perché l’articolo sopra richiamato recita: “i detenuti e gli internati assegnati al lavoro all'esterno sono avviati a prestare la loro opera senza scorta”.

Aggiunge Grieco

Sono due i turni di lavoro in cui sono suddivisi i detenuti nell’arco della giornata che si alternano tra mattina e pomeriggio e ciò implica l’assegnazione di almeno quattro unità di polizia penitenziaria addette esclusivamente al loro accompagnamento da e per l’istituto ed ovviamente distolte dai servizi di scorta e sicurezza propri del nucleo traduzione e piantonamenti, allo stato sofferente di circa 20 unità.

Anche per quanto disposto dall’art. 21 O.P. non se ne comprende la ratio.
Conclude Grieco
Considerato che il progetto è costato 151.500 euro di fondi pubblici, di cui 40 mila della

Regione Toscana, con finalità di reinserimento sociale, avrebbe dovuto prevedere, quanto meno, il trasporto in maniera autonoma da parte dei detenuti, senza gravare sulla Polizia Penitenziaria.

Quello che invece si nota e che ancora una volta, l’amministrazione penitenziaria è stata attenta soprattutto all’apparenza, utilizzando anche i media, quando sa benissimo che mancano risorse economiche e 700 unità di personale di polizia penitenziaria in regione che non vorrebbe essere utilizzato in compiti non propriamente istituzionali ma “di mera cortesia”.